Giornata mondiale delle malattie rare 2019: libri e testimonianze
Il 29 febbraio è un giorno che capita soltanto ogni quattro anni, per questo le persone affette da malattie rare lo hanno scelto per parlare delle loro patologie.
Il termine malattie rare non deve trarci in inganno, infatti i pazienti a ben vedere non sono nemmeno così pochi! Questo perché le malattie rare sono tante, e anche se una patologia può aver pochi pazienti considerando che le malattie note sono più di 7mila si fa presto a raggiungere cifre considerevoli. Usiamo quindi questo nome perché tecnicamente le identifica in base a una soglia numerica, ma non facciamoci trarre in inganno.
I libri per la giornata delle malattie rare: le proposte di Bellavite
Accorciare le distanze fra l’opinione pubblica e il mondo delle malattie rare è possibile e Bellavite Editore lo fa con tre volumi:
1. Libro sulla distonia
“Distonie. Storie di distonie“. Cos’è la distonia? Quali sono i suoi sintomi? Come si cura? Sono tante le domande che circondano questa malattia, definita “rara”, che solo in Italia condiziona quotidianamente la vita di 20.000 persone. Ciascuna delle storie raccolte è un cammino fatto di luci e ombre. Chi ha dato il suo contributo in questo libro lo ha fatto per dire al mondo: “Ci siamo anche noi!”.
2. Libro sull’endometriosi
“Non solo una paziente”. L’endometriosi è una patologia benigna ma invalidante, che colpisce solo le donne. L’autrice ne è affetta da molti anni e in questo libro racconta le difficoltà che ha incontrato per arrivare alla diagnosi, la necessità di cure continue e come la malattia abbia influito sulla sua vita e su quella dei suoi familiari.
3. Libro sull’anoressia
“Today I won’t sink”. Un romanzo breve, poche pagine per raccontare la lotta difficile di un’adolescente affetta da anoressia. “Per tutte le persone che si sentono sole, per tutte le persone che non si sentono bene con loro stesse, per tutte le persone che non si amano… perché tutti questi stati d’animo li ho provati anch’io”.
Vivere una malattia rara: il punto di vista dei pazienti e delle loro famiglie
La maggior parte delle malattie rare non ha una cura, per questo l’arte di vivere con una malattia rara è un’esperienza di continuo apprendimento per i malati e le loro famiglie.
Come si vive quindi con una malattia rara?
Di seguito la risposta a questa complessa domanda attraverso le parole e le testimonianze di pazienti e familiari.
“Il ritrovato benessere mi consentì di tornare a essere mamma, moglie, figlia e di nuovo insegnante, mentre per un lungo lasso di tempo ero stata soprattutto una paziente” (Giovanna)
“Ciao sono Marta ho sedici anni e vivo in Piemonte. Con la mia malattia ho dovuto interrompere gli allenamenti di ginnastica artistica per qualche anno e ciò mi ha reso triste, perché era una mia grande passione” (Marta)
“Ho imparato che possono colpirti tanti dolori nella vita, ma quello di avere una mamma ammalata che non sai se guarirà è l’angoscia più grande e più potente di tutte, perché ti avvolge come in una morsa, ti fa mancare la terra sotto i piedi, come se fossi in una palude” (Clelia)
“Questa situazione mi faceva sentire non solo una mamma, ma anche una moglie inadeguata” (Giovanna)
“Fu la mia prima vacanza durante il mio disturbo alimentare e mi resi ben conto che oltre a me, avevo creato un forte disagio anche a tutte le persone che erano li con me” (Chiara)
“Mi ero rinchiusa in casa evitando tutte le persone per non essere infastidita dalle loro continue ed inutili domande a cui non sapevo dare risposta. Le loro voci stridevano dentro le mie orecchie. L’impotenza che leggevo negli occhi e nella voce dei medici si stava impadronendo di me, ogni volta che trovavo la forza per incontrare un medico si riaccendeva in me la speranza, poi arrivava il giorno dell’appuntamento e quindi la delusione” (Cristina)
“Mi facevo forte per sostenere i miei fratelli, per sostenere lei. Sono sempre stata forte. Avete idea di cosa significa vedere la propria madre in preda al più subdolo dei dolori?” (Serena)
“Mi concentrai soprattutto sulle sue necessità materiali, sui suoi bisogni giornalieri, senza mai chiederle di cosa veramente avesse bisogno, che cosa sentisse veramente, come avrei potuto esserle d’aiuto. Pensavo che ignorare la malattia fosse il sistema migliore per non farle pesare quella situazione” (Davide)
“Se ora ho così tanti dolori da non riuscire a fare una cosa semplice come andare al cinema, non ne facciamo più un dramma, ma noleggiamo un film e commentiamo che è bello vederlo comodamente seduti a casa, con il cane accucciato accanto a noi sul divano” (Giovanna)